I dati nel parere di Miguel Guimarães, presidente dell'Associazione Medica (OM), riflettono l'effetto delle vaccinazioni.

In particolare, a quella data, il 68,1 per cento dei pazienti con Covid-19 in terapia intensiva aveva meno di 59 anni, il 26,4 per cento dei quali tra i 50 e i 59 anni, il 23,9 per cento tra i 40 e i 49 anni e solo il 12,3 per cento tra i 30 e i 39 anni. I pazienti tra i 20 e i 29 anni in queste unità sono la minoranza (5,5 per cento).

Nei normali reparti ospedalieri, il numero si aggira intorno al 50 per cento. Spiccano però gli anziani, con il 18,4 per cento di pazienti con più di 80 anni, ma il presidente dell'Ordine dei Medici sottolinea che i casi più gravi sono meno frequenti e in terapia intensiva rappresentano solo l'1,8 per cento delle persone ricoverate.

"L'effetto della vaccinazione è ormai visibile", ha evidenziato il presidente dell'Associazione Medica, considerando che il fatto che il 67% della popolazione ha già ricevuto almeno la prima dose del vaccino contro la SARS-CoV-2 è uno dei fattori principali per la diminuzione dei decessi e dei ricoveri.

Il virologo Pedro Simas, dell'Istituto Molecolare dell'Università di Lisbona, è d'accordo con questa relazione, ma considera importante fare attenzione quando si leggono questi numeri.

"In questo momento, è tutto su una scala molto più piccola", lo specialista ha spiegato che perché c'è una percentuale più alta di pazienti giovani, non significa che il numero, in termini assoluti, è più alto rispetto ad altri periodi in cui i nuovi casi giornalieri di infezione erano simili.